L'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 23 dicembre 1997 ha approvato il disegno di legge n. 587 dal titolo: "Ulteriori interventi per la catalogazione del patrimonio culturale siciliano e disposizione per la rendicontazione di spese sostenute da enti aventi finalita' culturale ed artistico", pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il successivo 27 dicembre 1997. Il provvedimento legislativo teste' approvato, in pendenza del giudizio instaurato con il ricorso presentato l'8 novembre 1997 avverso il disegno di legge n. 542/560 ed iscritto al n. 71 del registro di codesta, ecc.ma Corte, pur avendo una portata piu' limitata rispetto a quest'ultimo appare sostanzialmente ispirato dalla medesima filosofia. Esso, infatti, dispone la proroga di 18 mesi dei contratti di lavoro stipulati ai sensi dell'art. 111 legge regionale n. 25/93 e successive modifiche ed integrazioni con il personale gia' utilizzato nelle campagne di catalogazione del patrimonio culturale siciliano effettuate in Sicilia in attuazione dell'art. 15 legge n. 41/86 e della legge regionale n. 26/1988. Comprensibilmente, il legislatore regionale, nell'approssimarsi della scadenza del termine dei suddetti contratti, intende garantire i livelli occupazionali dei lavoratori interessati, in un contesto economico caratterizzato da una ormai quasi endemica contrazione della domanda di lavoro e che, determina il dilagare della disoccupazione, anche nelle fasce piu' elevate. In proposito, codesta ecc.ma Corte con sentenza n. 59/91, seppure abbia ammesso che l'impiego presso le pubbliche amministrazioni possa essere finalizzato a interessi pubblici ulteriori rispetto a quelli propri dell'amministrazione stessa e specificatamente quello dell'occupazione, tuttavia ne ha subordinato il perseguimento al rispetto dell'art. 97 della Costituzione, in quanto "tali eventuali interessi possono essere soltanto aggiuntivi e non sostitutivi rispetto a quelli che qualificano principalmente l'impiego presso l'amministrazione pubblica". Secondo ormai consolidata giurisprudenza costituzionale (sentenze C.C. nn. 205/1996, 59, 153 e 191 del 1997) affinche' non si determini quell'inversione di priorita' tra pubblico e privato ritenuta in contrasto con le esigenze di buon andamento reclamato dall'art. 97 della Costituzione, "occorre che il rapporto d'impiego previsto dalla legge la sua durata nel tempo siano legati da un nesso di congruita' controllabile in giudizio sulla ragionevolezza delle scelte legislative con riferimento a tale presupposta valutazione in ordine alle necessita' funzionali della pubblica amministrazione" (C.C. n. 153/1997). Nella medesima decisione, inoltre, viene precisato che seppure spetti al legislatore regionale un vasto ambito di discrezionalita', il relativo potere di apprezzamento non si sottrae al sindacato di costituzionalita' sotto il profilo della non arbitrarieta' e della ragionevolezza delle scelte; "sindacato tanto piu' rigoroso quanto piu' marcata sia la natura provvedimentale dell'atto legislativo sottoposto a controllo". Elemento del giudizio di ragionevolezza deve pertanto essere la preventiva e condizionante valutazione delle oggettive esigenze di personale per l'esercizio di pubbliche funzioni; "valutazione questa necessaria anche quando si tratti di compiti di natura temporanea i quali percio' non giustificano la modificazione della dotazione dei posti in organico, ne' quindi assunzioni stabili, ma soltanto la creazione di posti precari a termine". Si soggiunge che il suddetto reclutamento a termine non puo' avere quale presupposto una mera affermazione delle necessita' contingenti che si intendono soddisfare ma deve trovare giustificazione in una "ricognizione in termini quantitativi e qualitativi, in modo che le misure conseguenti possano risultare non arbitrarie anch'esse sotto il profilo quantitativo e qualitativo" (C.C. sentenza n. 153/1997). Queste, nella fattispecie in esame, dovrebbero consistere nella valutazione dello stato di avanzamento dei singoli progetti di catalogazione e del relativo mantenimento di determinate unita' di personale, previa verifica dell'idoneita' allo scopo del personale stesso. Orbene, cosi' enucleati i requisiti richiesti ai fini della conformita' al principio di cui all'art. 97 della Costituzione, quest'ufficio non puo' esimersi dal proporre nuovamente al vaglio di codesta ecc.ma Corte il provvedimento legislativo teste' adottato. Il legislatore regionale, infatti, dando per presupposta un'ipotetica insufficienza di personale, proroga "tout court" tutti i contratti di lavoro stipulati ex art. 111 legge regionale n. 25/1993 per la durata di ulteriori diciotto mesi e contestualmente demanda ad una successiva fase amministrativa, di competenza dell'Assessore preposto al ramo e degli uffici periferici, la definizione della nuova attivita' di catalogazione, schedatura e documentazione in relazione a quelle gia' svolte ai fini della determinazione di un organico piano di utilizzazione delle risorse umane e materiali. Dal tenore letterale della norma di cui all'art. 1 appare evidente che ci si trovi nuovamente in presenza di quel ribaltamento di priorita' tra interesse pubblico e privato giacche' la determinazione delle attivita' da compiersi verrebbe giustificata ex post da un emanando piano organico di utilizzazione delle risorse umane e materiali esistenti. In proposito questo Commissariato ai fini di un piu' ponderato esame sulla costituzionalita' della norma ha chiesto di conoscere (all. n. 1) su quali elementi di fatto la competente V Commissione permanente dell'ARS in sede di elaborazione del disegno di legge, abbia fondato la determinazione di prorogare i contratti in questione. Dall'esame dei verbali trasmessi (all. n. 2) tuttavia si evince che la suddetta determinazione non e' scaturita dalla puntuale ricognizione in termini quantitativi e qualitativi delle necessita' esistenti ne' dalla valutazione preventiva dei risultati sinora conseguiti, atteso che la prosecuzione delle attivita' viene disposta in vista della definizione di un organico piano di utilizzazione del personale mantenuto in servizio. Appare, inoltre, che unica premura del legislatore sia quella di affermare, anche con l'ausilio di accorgimenti lessicali, la necessita' di non disperdere le professionalita' acquisite in assenza di un'idonea istruttoria sulle risultanze dell'attivita' sinora svolta e sull'identificazione puntuale degli obiettivi da conseguire, elementi questi tanto piu' indispensabili in relazione alla natura provvedimentale dell'adottanda delibera legislativa. Ne' tantomeno durante il dibattito in aula e' stata posta l'attenzione su tali elementi di valutazione, essendosi limitati gli interventi ad apportare modifiche di natura ancora lessicale alla disposizione da approvare (all. 3). Altro elemento determinante ai fini della proposizione del presente gravame, e' la considerazione che il rispetto del principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione impone che l'espansione dell'impiego presso la pubblica amministrazione non puo' rendersi indipendente dalla preventiva e condizionata valutazione dell'oggettiva necessita' di personale per l'esercizio di pubbliche funzioni (C.C. sentenza n. 205/1996); valutazione che non puo' mancare anche quando si tratta di compiti di natura temporanea (C.C. sentenza n. 59/1997). "La carenza di una previa valutazione delle esigenze funzionali, infatti, finirebbe per incrementare inutilmente e quindi irragionevolmente il numero dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e per subordinare l'interesse pubblico a quello del personale" (C.C. sentenze nn. 484/1991, 1/1989, 123/1968). Al riguardo questo Commissariato ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 488/1969, ha richiesto (all. 4) ai competenti uffici regionali se fosse stata completata, e con quale esito, l'attivita di ricognizione del personale in servizio gia' avviata in ossequio alla delibera n. 322 del 7 agosto 1997 della Giunta di Governo regionale. Con nota n. 2236 del 30 dicembre 1997 (all. 5) la Presidenza della regione ha comunicato che i risultati dell'attivita' di rilevazione in questione a tutt'oggi non sono pervenuti alla Direzione del personale ai fini della successiva predisposizione del piano di redistribuzione del personale. Anche dall'esame degli ulteriori chiarimenti forniti dall'Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali, con nota n. 3063 del 30 dicembre 1997 non possono desumersi elementi tali da far ritenere superati i rilievi di costituzionalita' sinora esposti avverso l'iniziativa legislativa in questione (all. n. 6). Dai numerosi allegati alla suddetta nota emerge, invero, che neanche gli uffici periferici, seppure apoditticamente affermino la necessita' di proseguire nell'attivita' catalografica, hanno predisposto un piano organico di catalogazione da cui possa desumersi, secondo criteri obiettivi e dati certi la necessita' e la durata della proroga. Il predetto Assessorato ha, altresi', inviato copia dei prospetti riepilogativi dell'attivita' catalografica svolta, di impossibile raffronto, per questo ufficio con l'originario progetto finanziato dalla legge regionale n. 25/1993 ed avviato nell'anno successivo. I due prospetti riepilogativi, peraltro privi di alcuna relazione illustrativa o di una apposita "legenda" per le sigle riportate, non consentono inoltre di esprimere una qualsivoglia valutazione sulla esigenza funzionale della amministrazione e di verificare la sussistenza del nesso di congruita' per il mantenimento dei precari rapporti di lavoro e la loro durata nel tempo. La documentazione fornita, corredata dai numerosi riferimenti alla preesistente corrispondenza tra Soprintendenze e uffici centrali dell'Assessorato, non pervenuta a questo Commissariato, avrebbe dovuto piuttosto essere posta a disposizione della Commissione permanente dell'Assemblea per consentire il necessario approfondimento in sede istruttoria del disegno di legge e supportare cosi' con elementi di fatto le determinazioni da assumere. Da quanto sin qui esposto, puo' pertanto concludersi che l'iniziativa legislativa si configura come l'ennesimo tentativo di superare gli obblighi derivanti dall'applicazione della normativa nazionale in materia di razionalizzazione del pubblico impiego, eludendo al contempo il chiaro dispositivo della decisione di codesta ecc.ma Corte n. 59/1997, con conseguente violazione dell'art. 136 della Costituzione. L'art. 3 che di seguito si trascrive costituisce la sostanziale riproduzione dell'art. 2 del disegno di legge n. 395 dal titolo "Interventi in favore dell'editoria libraria siciliana. Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 15 settembre 1997, n. 35", che ha costituito oggetto di impugnativa il 5 novembre 1997, iscritta al n. 69 del registro dei ricorsi presso codesta Corte, le cui motivazioni integralmente si richiamano: "Art. 3. - E 'consentita, da parte degli enti beneficiari, l'utilizzazione dei contributi erogati per attivita' culturali sul capitolo 38054 dell'esercizio finanziario 1991 e sul corrispondente capitolo dell'esercizio finanziario 1990 gia' rendicontati, purche' effettivamente spesi per l'attuazione del programma di attivita' presentato o comunque per i fini istituzionali degli enti medesimi". Dal tenore letterale della norma traspare la manifesta illogicita' della disposizione laddove si consente ex post l'utilizzazione per fini diversi di contributi rendicontati e quindi gia' impiegati. Il legislatore, al fine di superare i motivi di censura proposti da questo Commissariato avverso la precedente disposizione, in realta' introduce una norma ancora piu' contraddittoria atteso che non risulta logicamente comprensibile come possa essere ammissibile l'utilizzazione di somme spese e rendicontate in esercizi remoti (1990 e 1991). E' di tutta evidenza da quanto si evince dai chiarimenti forniti dall'Amministrazione regionale ai sensi dell'art. 3 decreto del Presidente della Repubblica n. 488/1969 (all. 7) che si sia tentato, con accorgimenti lessicali, di trovare soluzione al medesimo problema, id est di sanare situazioni di illegittimita' per diverse centinaia di milioni erogati in assenza di interessi pubblici legislativamente rilevanti, di preminente importanza generale, che unici potrebbero in ipotesi rendere costituzionalmente legittima una legge di sanatoria (C.C. sentenza n. 94/1995).